Perché osservare sul campo i cicli di lavoro dei processi produttivi
Osservare sul campo i cicli di lavoro di un processo produttivo significa agire attivamente e proattivamente allo scopo di individuare gli sprechi e gli elementi di variabilità del processo.
In queste prime righe abbiamo già introdotto diversi concetti complessi e fondamentali: cerchiamo dunque di procedere con calma. Il focus di questa guida è l’importanza dell’osservazione sul campo dei processi aziendali, ma per discuterne in modo mirato serve prima ragionare su altri due topic, ovvero, come anticipato: gli sprechi e la variabilità del processo produttivo. Si tratta, in realtà, di due temi che ci stanno molto a cuore, di cui abbiamo già parlato e di cui parleremo ancora, ma è sempre utile riprenderli.
In generale, tutto ciò che non aggiunge valore per il cliente finale è da considerare uno spreco, ma su questo ci torneremo a breve. ‘Spreco’ è un concetto di difficile inquadramento nel panorama della produzione aziendale e la ragione principale è che, secondo diverse visioni, alcuni tipi di spreco non sono intesi come tali. A titolo esemplificativo possiamo citare la sovrapproduzione, che causa un aumento dei costi di magazzino ed è sintomatico di un sistema produttivo incapace di operare secondo uno standard ben definito; ciononostante, si fa fatica a superare la concezione secondo cui la sovrapproduzione sia una risorsa.
La variabilità del processo produttivo è un altro concetto strettamente correlato a quello di spreco: variabilità del processo è ciò che si contrappone allo standard, ovvero il miglior modo possibile per gestire i cicli di lavoro del processo produttivo. La variabilità è la prima causa di sprechi all’interno di un processo produttivo e, per tale ragione, dovrebbe essere obiettivo principale di ogni produttore quello di ridurla al minimo, così da aderire più strettamente possibile allo standard predefinito: ma come si fa a individuare gli sprechi e le sacche di variabilità? Ecco allora che entriamo nel cuore del nostro discorso.
L’osservazione sul campo dei cicli di lavoro
Non è la prima volta che citiamo Taiichi Ohno, ma non possiamo fare diversamente: il presidente di Toyota durante gli anni del Secondo Dopoguerra è infatti l’ideatore del modello Lean Production. Per superare l’impostazione fordista e proporre un nuovo modo di pensare ai processi produttivi, l’ingegnere nipponico partì da un’attività (apparentemente) semplicissima: si mise a osservare le attività produttive all’interno del suo stabilimento.
Iniziò così la caccia agli sprechi di Ohno, che studiò accuratamente il percorso delle merce in produzione, ponendosi fase dopo fase la stessa domanda: “Quello che sto vedendo adesso crea valore per il cliente finale?” In caso di risposta negativa, egli capiva di trovarsi davanti a uno spreco. Il suo approccio prettamente empirico gli permise di arrivare a mappare 7 tipologie di sprechi – in giapponese muda. Ma come riuscì il fondatore della Lean a guidare la sua osservazione al punto da creare un modello così rivoluzionario?
Come osservare i cicli di lavoro dei processi produttivi
Per rispondere a questa domanda abbiamo già tutti gli elementi di cui abbiamo bisogno: sappiamo cosa sono gli sprechi, conosciamo il significato di variabilità del processo produttivo, abbiamo soprattutto la bussola che guida l’attività di osservazione: riguardo quest’ultimo punto, ci riferiamo alla domanda che Ohno si poneva durante l’analisi sul campo ( “Quello che sto vedendo adesso crea valore per il cliente finale?).
Orientati da queste consapevolezze, siamo pronti a realizzare uno studio mirato a individuare gli sprechi e ogni criticità ci allontani dallo standard predefinito. L’obiettivo è liberarci di ciò che i giapponesi definiscono muri, ovvero tutte quelle pratiche proprie della produzione tradizionale contrarie ai principi della Lean.
Andando sul pratico: come si osservano i processi produttivi?
Primo: seguire il processo dall’inizio alla fine, mettersi “a cavallo” del pezzo e annotare tutti i momenti in cui non viene aggiunto valore alla produzione, nonostante l’utilizzo di risorse e l’investimento di tempo.
Secondo: per individuare gli sprechi, occorre capire dove si genera sovrapproduzione. Gli sprechi si creano a monte e a valle delle fasi di accumulo.
Terzo: classificare gli sprechi individuati partendo dal più dispendioso. In questo modo, sarà possibile disporre di un elenco di priorità da affrontare e risolvere in ordine di incidenza sui costi di produzione.
Infine, è sempre importante fare riferimento al proprio standard di produzione: se l’azienda ne è sprovvista o lo standard non viene aggiornato da molto tempo, è segno che occorre intervenire.
L’azione di prelievo della merce da parte del cliente avviene tramite un magazzino inter-operazionale chiamato supermarket. Per regolare i flussi di produzione/prelievo si utilizza un’etichetta, una sorta di cartellino che fa da segnale (Kanban in giapponese) al cliente o al fornitore, indicando che un prodotto può essere prelevato o deve essere nuovamente realizzato. Nel sistema Pull, il materiale (che a seconda della fase produttiva e dalla tipologia di prodotto può trattarsi di una materia prima, di un semilavorato o di un bene pronto all’uso) viene tirato a valle in relazione agli ordini del cliente. In pratica, il materiale viene rifornito poiché a valle è stato registrato un effettivo consumo dello stesso e, di conseguenza, si rende necessario produrne di nuovo.Vuoi saperne di più sull’ottimizzazione dei processi produttivi? Resta sempre aggiornato attraverso il nostro blog, seguici su LinkedIn e attingi a un ricchissimo archivio di guide e consigli!
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