Agire sul burnout: le aree di intervento in azienda
In questa pagina trovate il quarto e ultimo articolo di un ciclo di quattro contenuti dedicati al tema del burnout.
Nella prima guida abbiamo parlato di cosa sia il burn-out e di come riconoscerlo, di Great Resignation e di Quiet Quitting;
La seconda guida è stata dedicata all’importanza degli obiettivi assegnati ai dipendenti e all’impatto che la loro giusta selezione e assegnazione ha sulle condizioni psico-emotive dei collaboratori;
Il terzo contributo è stato invece rivolto al tema della motivazione e della formazione, due leve cruciali per permettere al professionista di mantenersi motivato all’interno del contesto aziendale.
In questo articolo finale sul tema del burnout vogliamo invece porre l’attenzione su un altro aspetto fondamentale, quello delle aree di intervento e delle mansioni che l’azienda deve saper condurre e amministrare per creare un clima aziendale sano, funzionale e che tuteli i lavoratori, a tutti i livelli, dal rischio di andare incontro a burnout.
Burnout: i compiti e gli obiettivi
Al netto di questioni di natura privata, ascrivibili alle condizioni psicologiche ed emotive del singolo, il burnout si origina in situazioni in cui il contesto aziendale costringe il lavoratore a svolgere incarichi non idonei alle sue caratteristiche.
Quando un task assegnato risulta essere impossibile da portare a termine – per questioni di difficoltà del compito o di tempistiche impossibili da rispettare – il collaboratore accusa stress, ansia, sfiducia, che sconfinano facilmente in senso di inadeguatezza e frustrazione.
Viceversa, una responsabilità che demansiona e sottostima il professionista, che non vede riconoscere le proprie competenze e abilità, demotiva l’individuo, portandolo inevitabilmente lontano dalle condizioni ottimali di operatività, nelle quali il soggetto è spinto a dare il meglio di sé.
Il primo ambito in cui l’azienda può e deve intervenire, dunque, è proprio quello relativo all’assegnazione degli obiettivi e dei compiti: ma come devono essere scelti? Abbiamo già fornito una risposta esaustiva a questa domanda nella guida “Burnout Vs. stato di flow: gli obiettivi SMART”; qui però è importante sottolineare come gli obiettivi e i task debbano essere assegnati in considerazione delle capacità e competenze del singolo e della sua esperienza. L’ideale è affidare a ogni individuo responsabilità sfidanti, che lo motivino a dare il meglio di sé, ma al contempo realistici e la cui gestione non comporti un eccessivo carico di lavoro e di stress.
Le condizioni di lavoro
Un’altra sfera che è diretta responsabilità dell’azienda è quella relativa alle condizioni di lavoro cui i collaboratori sono sottoposti. Un obiettivo, infatti, può essere ben calibrato in linea teorica, ma irrealizzabile all’atto pratico. Ad esempio, perché i macchinari non funzionano in modo adeguato oppure perché alcune aree di lavoro non sono facilmente accessibili o, ancora, perché il professionista è costretto a gestire più attività simultaneamente, perdendo il focus sull’obiettivo assegnato.
Gli scenari descritti sono riconducibili a condizioni di lavoro non adeguate e, in quanto tali, vettori di insoddisfazione, stress e, di conseguenza, cause o concause di burnout sul posto di lavoro.
L’azienda ha il dovere di sovrintendere a 360 gradi tutti i fattori che compartecipano al flusso produttivo, mettendo tutti i suoi lavoratori nelle condizioni di svolgere il proprio lavoro in modo produttivo e liberi da qualunque tipo di inefficienza strutturale e/o procedurale.
Le potenzialità del collaboratore
Abbiamo spiegato come l’assegnazione di obiettivi e compiti adeguati sia un aspetto fondamentale che l’azienda deve gestire in modo ottimale, al fine di mettere i suoi collaboratori nelle condizioni di rendere al meglio, evitando il rischio di burnout.
Ciò, però, ci costringe a soffermarci su un’altra questione, ovvero: come si fa a stabilire se un compito è adeguato? Anche in questo caso, abbiamo già fornito una risposta completa nella guida succitata, ma c’è ancora un aspetto che merita di essere approfondito, quello delle potenzialità. Per definire cosa siano le potenzialità, facciamo un ulteriore passo indietro, partendo dal concetto di performance.
Le performance possono essere considerate come il prodotto di due fattori: le competenze e le motivazioni.
Le motivazioni sono frutto del contesto e delle attitudini dell’individuo, mentre le competenze dipendono a loro volta dalle conoscenze della persona e delle sue potenzialità. Le conoscenze sono figlie del sapere tecnico-scientifico e delle abilità di gestione, relazione e comportamentali possedute dall’individuo, mentre le potenzialità sono risorse che ognuno dei professionisti, in quanto essere umano, possiede e che possono essere sfruttate per apprendere, migliorare, raggiungere obiettivi via via sempre più sfidanti (e gratificanti).
Ne deriva che, non solo le competenze, ma anche le potenzialità dell’individuo devono essere allenate, migliorate ed esaltate e spetta al contesto, ovvero al sistema aziendale, il compito di porre in essere le condizioni perché ciò possa avvenire.
In ultima analisi, un miglioramento sostenibile delle performance si può ottenere solo combinando nello stesso momento:
- Livello di performance sufficientemente sfidante
- Conoscenze adeguate al task
- Potenzialità dell’individuo in linea con l’attività richiesta
È così che il sistema produttivo può fare in modo che le risorse umane possano rendere al massimo delle proprie capacità. Ottimizzare le prestazioni della forza-lavoro significa compiere un passo decisivo verso il miglioramento continuo dei processi.
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