La scala dei bisogni di Maslow: l’importanza della motivazione
Alcune settimane fa abbiamo iniziato a parlare di burn-out, inaugurando un ciclo di guide dedicato al tema. Parallelamente al burnout, abbiamo avviato un discorso sull’importanza della motivazione in azienda, chiarendo come esista una proporzionalità diretta fra la soddisfazione del dipendente e il valore delle sue performance. Abbiamo anche chiarito che il benessere dell’operatore è fortemente legato agli obiettivi che gli sono affidati, introducendo i concetti di stato di flow e di obiettivi SMART.
In questo nuovo contenuto, vogliamo concentrarci sull’importanza dei bisogni dei dipendenti, attivando un focus specifico sull’argomento e analizzare ancora più nel profondo la stretta correlazione fra motivazione e prestazioni in azienda. Lo faremo parlando di uno studio centrale per il benessere aziendale: la scala dei bisogni di Maslow.
Che cos’è la motivazione?
Sarebbe avventato parlare di motivazione senza prima darne una definizione che possa essere condivisa da chi scrive e da chi legge. Rispondiamo allora alla domanda “Che cos’è la motivazione?“.
Nel contesto aziendale, proponiamo due definizioni di cosa sia la motivazione:
- L’attività del management finalizzata a stimolare i collaboratori a raggiungere le performance attese.
- L’insieme delle ragioni che spingono l’individuo a comportarsi in modo funzionale agli obiettivi e ai task assegnati.
Le due definizioni sono sostanzialmente diverse: la prima pone l’attenzione sul contenuto, ovvero individuano e analizzano gli elementi che spingono l’individuo ad adottare comportamenti virtuosi per l’azienda, La seconda si concentra invece sui processi, spiegando come sia possibile modificare l’atteggiamento e il comportamento dell’individuo agendo su stimoli positivi nel contesto operativo d’interesse.
Tra le molteplici teorie proprie del primo approccio, basato sul contenuto, quella della scala dei bisogni di Maslow è probabilmente la più significativa e meritevole di un’attenzione particolare.
La scala dei bisogni di Maslow
La piramide di Maslow – o scala gerarchica delle necessità umane – è un modello psicologico elaborato da Abraham Maslow, psicologo statunitense del XX secolo. Maslow elaborò una teoria dei bisogni dell’individuo, esposta all’interno dell’opera Teoria della motivazione umana (1943), nella quale individuò 5 classi di necessità dell’individuo, disponendole quindi in ordine gerarchico, partendo dai bisogni basilari (alla base della piramide) e disponendo in alto quelli più elevati. Ecco le 5 categorie di bisogni umani selezionate da Maslow:
- Fisiologici: fame, sete, sonno, sesso
- Sicurezza: protezione dai pericoli, dalle minacce e dalle privazioni
- Appartenenza: Socialità, affetto,accettazione, amore e gruppi sociali
- Stima: Autostima ed eterostima
- Autorealizzazione: Sviluppo delle proprie potenzialità, continuo sviluppo di se stessi
Questo modello mette in evidenza come, in alto della scala gerarchica dei bisogni, troviamo necessità fortemente legate al raggiungimento di risultati, alla crescita personale (quinto livello della scala) e all’apprezzamento delle proprie capacità e attività (quarto livello). Il terzo gradino della scala mette in evidenza come la condivisione di valori, il senso di appartenenza a un gruppo e il riconoscimento da parte di quest’ultimo siano esigenze determinanti per la soddisfazione dell’individuo.
Questa teoria, va specificato, non nasce all’interno della dimensione aziendale, ma la sua eccellente trasversalità ha fatto sì che diventasse un punto di riferimento anche in contesti differenti rispetto a quello più prettamente antropologico ed educativo. Un individuo che vede soddisfatti, a tutti i livelli, i propri bisogni, è un individuo (e un collaboratore) motivato, messo nelle condizioni di esprimere il proprio potenziale.
La motivazione non è un fattore oggettivo
Non bisogna però commettere l’errore di considerare la motivazione come un elemento oggettivo, incasellabile alla perfezione all’interno di categorie precostituite e universalizzabili. La difficoltà di gestire il fattore motivazionale in azienda, infatti, nasce proprio dal fatto che la motivazione è qualcosa di intrinseco al singolo individuo e che non è possibile imporre a qualcuno di essere motivato. Allo stesso modo, la motivazione obbedisce a dinamiche arbitrarie e che cambiano da persona a persona e, in quanto tali, non possono essere gestite tramite modelli comportamentali comuni: ciò che motiva un individuo può essere un elemento demotivante per un altro.
Occorre dunque agire sui singoli processi, pensando alla motivazione come a un fattore dinamico e che può essere modificato intervenendo sul contesto. E non può essere la ricompensa a risolvere la questione, in quanto, così facendo, si interverrebbe solo sulla motivazione estrinseca. La motivazione, invece, deve essere trovata dall’individuo stesso, grazie alla creazione di un ambiente capace di stimolarlo, di farlo sentire coinvolto, riconosciuto e apprezzato. Solo così quest’ultimo può svolgere in modo performante le attività richieste in maniera spontanea, traendo piacere nello svolgerle, a prescindere dall’elargizione di premi e di punizioni.
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